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La parola all'avvocato

Il punto sugli ostacoli all’apertura di un conto corrente bancario da parte dei richiedenti asilo

Alessandro Scassellati (AS): Salve a tutti. Siamo ad un nuovo appuntamento con l’avvocato di Casa dei Diritti Sociali. Oggi, parliamo di un tema che interessa molto la nostra utenza che in parte è composta da cittadini stranieri e che riguarda l’apertura e la gestione dei conti correnti da parte di cittadini stranieri ed in particolare di richiedenti asilo. Marco ha già presentato delle istanze legali su questa questione. Conosciamo come ci siano ampi ritardi burocratici nella concessione dei permessi di soggiorno e purtroppo le Poste e altri istituti bancari, almeno a Roma, stanno creando dei problemi a questi cittadini, perché sostengono che nel momento in cui scade il permesso di soggiorno temporaneo non sia possibile aprire un conto corrente. Abbiamo avuto anche casi di persone che avevano aperto un conto corrente per farsi accreditare il proprio stipendio, ma poi non avevano la possibilità di accedervi e di prelevare il denaro. Con Marco vorremmo fare il punto su questa problematica

Marco Galdieri (MG): Cerchiamo di fare il punto su ciò che sta succedendo. Da quello che so, anche a seguito di un confronto con colleghi che operano in altre parti d’Italia, sembrerebbe trattarsi di un fenomeno prettamente romano. Il problema lo hai inquadrato e consiste nel fatto che cittadini che sono richiedenti asilo incontrano nell’apertura di un conto corrente base, soprattutto presso le Poste Italiane, ma anche presso altri istituti di credito.

Cosa sta succedendo? Negli ultimi due anni, tanti utenti richiedenti asilo, ossia che hanno fatto una domanda di protezione internazionale ma che ancora non hanno avuto una risposta positiva o negativa, si recano presso gli istituti di credito e chiedono l’apertura di un conto corrente base, anche perché nel frattempo magari hanno trovato un lavoro o comunque perché oggi avere un conto corrente è indispensabile per tanti motivi, ma ottengono un rifiuto in quanto non sarebbero muniti di un documento valido.

Ora, la questione è la seguente. Non c’è dubbio che un richiedente asilo abbia il diritto ad aprire un conto corrente base. Questo ce lo dice il Testo unico bancario e le norme che regolano l’antidiscriminazione. Quindi, fondamentalmente non c’è alcun motivo per ritenere che non sia possibile aprire astrattamente un conto corrente. La problematica nasce nel momento in cui per l’apertura del conto viene richiesto un documento valido, ossia un documento in grado di dimostrare le generalità della persone. Fino a qui siamo nella norma delle richieste lecite che vengono formulate. La problematica sorge nel momento in cui il documento che viene presentato è l’attestato che viene rilasciato a seguito della formalizzazione della domanda di diritto di asilo.

Sul piano pratico, quando una persona va a presentare presso la Questura di competenza una domanda di protezione internazionale, viene ritirato il passaporto, qualora ne sia in possesso e non l’abbia smarrito durante il viaggio, e viene rilasciato quello che si chiama un attestato nominativo che viene compilato sulla base del Modello C3. Nell’attestato c’è scritto che entro 60 giorni, se la commissione non avrà ancora deciso l’esito della domanda di protezione internazionale, si potrà accedere ad attività lavorative. La scadenza dei 60 giorni non viene mai rispettata. Comunque, nell’attestato c’è la foto della persona, i suoi dati anagrafici, il codice fiscale e il codice CUI. Questo documento resta in capo al richiedente finché non c’è una decisione da parte della commissione territoriale. Questo è il documento della persona per tutta la durata della procedura che può durare anche un anno o un anno e mezzo. Quindi, per dei tempi che sono abbastanza importanti.

Con questo documento è possibile accedere ad una attività lavorativa, avere una residenza, fare un’iscrizione anagrafica e conseguentemente ottenere una carta d’identità, ma secondo gli istituti di credito con cui abbiamo avuto a che fare, non è possibile aprire un conto corrente. Questo perché dopo sei mesi non viene reputato un documento valido. Ci si basa sull’articolo 4 del Decreto legislativo 142 del 2015 che si compone di alcuni commi e quelli che interessano a noi sono il primo e il terzo. Nel primo comma si fa riferimento al rilascio al richiedente asilo di un permesso di soggiorno temporaneo della durata di sei mesi. Mentre invece al comma terzo si fa riferimento al documento nominativo che viene rilasciato a seguito della formalizzazione della domanda, che non è il permesso di soggiorno temporaneo e che non ha una durata predeterminata. Questo documento ha una funzione analoga al permesso di soggiorno temporaneo.

Il problema è che gli istituti bancari applicano una teoria secondo cui, come il permesso di soggiorno ha una durata semestrale, anche questo documento avrebbe una durata semestrale, per cui alla scadenza dei sei mesi non sarebbe più possibile considerarlo un documento valido per l’apertura di un conto corrente.

Una serie di ricorsi instaurati da noi sono andati bene, sbloccando le situazioni, ma gli ultimi hanno segnato un cambiamento da parte della giurisprudenza romana, del Tribunale civile di Roma. Le sentenze ritengono che sia applicabile per analogia la durata semestrale di cui al comma 1 anche agli attestati nominativi rilasciati ai sensi del comma 3. Questo orientamento più recente predominante sostiene che sebbene il comma 3 non stabilisca una durata degli attestati nominativi, sarebbe illogico non ritenere che abbiano una durata addirittura superiore a quello che dovrebbe essere il permesso di soggiorno temporaneo rilasciato successivamente.

È evidente che la norma non sia particolarmente chiara, tanto è vero che gli stessi giudici danno atto di un contrasto giurisprudenziale, di una difficoltà di comprensione dei documenti e di come debbano essere rilasciati.

Noi partiamo da un punto di vista un poco diverso, considerando anche che questa problematica ha causato dei disagi ai nostri utenti che siamo riusciti a risolvere in maniera positiva laddove avevano aperto il conto nei primi sei mesi. Hanno trovato delle difficoltà a fare dei prelievi scaduti questi sei mesi, perché quando si presentavano agli sportelli degli istituti di credito per ritirare delle somme, non avendo ancora una carta bancomat, gli veniva richiesto un documento e quando questo era l’attestato nominativo si riteneva che questo fosse scaduto. Questo tipo di ricorsi sono andati a buon fine e abbiamo avuto degli esiti favorevoli.

Quando, invece, si è trattato di una richiesta di un’apertura di un conto che viene rifiutata e facciamo ricorso per richiedere la legittimità della richiesta che viene formulata da parte del nostro assistito, i tribunali ci hanno detto che la colpa non è delle Poste o di altri istituti di credito, ma, e questo è un quesito ancora aperto, della Questura che, a fronte delle tante richieste presentate per il rinnovo del permesso di soggiorno alla scadenza dei sei mesi, non ottempera alla richiesta, perché lascia l’attestato nominativo per tutta la durata della domanda di protezione.

Pertanto, adesso si tratta di stabilire, tenuto conto che comunque esiste la legittimità della richiesta di poter aprire un conto corrente da parte di un richiedente asilo, se l’attestato nominativo è ritenuto un documento valido, per cui l’istituto di credito è nel torto, o se invece questo attestato non è più ritenuto valido dopo i sei mesi, come spesso accade con gli istituti di credito. A Roma il problema emerge perché la Questura raramente rilascia il rinnovo del permesso di soggiorno temporaneo semestrale, mentre altrove le Questure generalmente lo fanno

Queste sono quindi attualmente le problematiche ancora aperte. Un consiglio che potrei dare ad un richiedente asilo è intanto di lasciare traccia, prova, che si sono recati negli istituti di credito durante i primi sei mesi per chiedere subito l’apertura del conto corrente, in modo da poter esercitare eventuali azioni successivamente. Di non aspettare e di far presente alle Questure che esiste questa problematica e quindi di attivarsi per essere anche loro corresponsabili della mancata apertura del conto che comporta una difficoltà ad esempio nel pagamento di un canone di locazione e o nel reperire un lavoro, dato il datore di lavoro dovrà necessariamente procedere a versare lo stipendio su un conto corrente. In una situazione già non semplice si rischia di creare una difficoltà all’emancipazione del richiedente asilo.

AS: Grazie Marco. Questa questione testimonia, come tante altre, della difficoltà che questo nostro paese di attrezzare dei veri percorsi di accoglienza per persone che hanno dei diritti in quanto richiedenti asilo.

MG: Persone che ancora non hanno il riconoscimento dello status di protezione internazionale, ma che vanno tutelate.

AS: Invece, quello che viene fuori, è che anche su questa questione la burocrazia, i suoi tempi, incidono negativamente sulla vita delle persone. Persone che hanno già un avita difficile.

MG: Faccio un piccolo inciso per far capire che le condizione del richiedente che arriva non trova subito il lavoro perché non è per niente facile trovarlo. Chi di loro che vuole aprire un conto corrente lo fa perché vuole regolarizzare un rapporto locatizio oppure perché ha trovato un lavoro. Parliamo, quindi, di persone già molto in gamba, che si danno da fare. Non è affatto semplice per una persona straniera avere una opportunità di questo genere dopo sei-sette mesi. Sprecarla perché non si è riusciti a trovare, a fronte di un diritto certo, quello di poter aprire un conto corrente, questo diventa un elemento ulteriore di emarginazione.

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