Pre-loader
La parola all'avvocato

Residenza virtuale di Via Modesta Valenti e permessi di soggiorno degli stranieri

Con l’avvocato Marco Galdieri affrontiamo un tema importante che riguarda il diritto costituzionale di avere una residenza – effettiva o virtuale – che però viene messo in discussione da interpretazioni restrittive della Questura di Roma. Interpretazioni che impediscono l’iscrizione all’anagrafe delle persone senza fissa dimora privandole di alcuni importanti diritti.

Alessandro Scassellati (AS): Salve a tutti. Siamo insieme all’avvocato Marco Galdieri per un nuovo appuntamento della rubrica “La parola all’avvocato”. Oggi, affrontiamo il tema della residenza virtuale o fittizia di Via Modesta Valenti in relazione al tema del rilascio e del rinnovo dei permessi di soggiorno per persone migranti. Su questo tema ci sono una serie di questioni problematiche che riteniamo sia bene chiarire, per cui lascio la parola a Marco.

 

Marco Galdieri (MC): Il tema di oggi è abbastanza importante e spinoso, almeno per quanto riguarda il territorio di Roma e provincia. Soprattutto per quanto concerne il rilascio o il rinnovo di determinati permessi di soggiorno, laddove si indichi come residenza Via Modesta Valenti che è una residenza cosiddetta virtuale o fittizia, nel senso che non è una residenza individuabile in un immobile, in una casa. Essenzialmente, individua il fatto che una persona risiede all’interno del territorio e viene concessa dal Comune di Roma ai senza fissa dimora, ossia a persone che non sono in grado di dimostrare che abitano a tempo indeterminato all’interno di un immobile. Anche persone alle quali il proprietario di casa non ha concesso di trasferire la residenza.

Questa residenza fittizia/virtuale viene concessa per tutelare un diritto costituzionalmente garantito come il diritto alla residenza. Le persone vengono iscritte all’anagrafe di Roma con questa residenza di Via Modesta Valenti che è una Via che non esiste realmente, ma che serve sostanzialmente a riconoscere che queste persone sono senza una fissa dimora, ma comunque vivono all’interno del territorio, perché si recano sia al Municipio per verificare se è arrivata della corrispondenza o per dare una firma della presenza ogni tot di giorni. Sono sottoposte ad una serie di verifiche senza le quali vengono cancellate.

Il diritto alla residenza è un diritto costituzionalmente garantito e quindi va tutelato nelle sue forme anche per chi non ha la possibilità di dimostrare di vivere in uno specifico immobile perché senza fissa dimora. Questo è un termine che racchiude una categoria abbastanza ampia di persone che non possono permettersi un alloggio fisso. Sono persone che magari vanno di ospitalità in ospitalità oppure non hanno dei contratti di affitto perché il proprietario non concede loro questa forma di tutela. Insomma, sono persone che, data la loro situazione, non possono ottenere l’iscrizione anagrafica, ma la mancata iscrizione anagrafica comporta una serie di disagi.

Stiamo uscendo da un periodo pandemico abbastanza importante, in cui essere residenti in un posto piuttosto che in un altro ha comportato e comporta di poter avere dei benefici da parte del Comune e della Regione, come l’accesso ai vari bonus, ad esempio. Questo per capire soltanto alcuni dei diritti – compreso il diritto di accedere ad un medico di base – che sono connessi alla residenza di un individuo.

Nello specifico ci riferiamo ad una condotta interpretativa, a mio avviso, non corretta da parte della Questura di Roma che in più occasioni mi è capitato di dover contrastare davanti ai tribunali. La Questura, infatti, a volte non ammette la residenza di Via Modesta Valenti come una residenza valida ai fini del rilascio e del rinnovo di un permesso di soggiorno. Su questo c’è una giurisprudenza che comincia ad essere abbastanza ricca.

Sulla base della mia esperienza personale all’incirca 5-6 anni fa sono cominciati una serie di dinieghi per quanto riguardava i rinnovi dei permessi di soggiorno per motivi umanitari, che oggi non esistono più perché sono trasmigrati nella figura della protezione speciale. Fondamentalmente, si parlava di persone che erano abbastanza vulnerabili perché avevano ottenuto il permesso di soggiorno per motivi particolari, non riconducibili all’asilo politico né alla specie del lavoro subordinato che dà una maggiore indipendenza economica per potersi strutturare o ambientare nel tessuto sociale. Spesso gli umanitari erano in qualche modo borderline tra queste due figure e molti vivevano in condizioni di difficoltà e a volte senza avere una residenza cosiddetta effettiva. La Questura offriva loro un diniego, salvo l’individuazione di una residenza effettiva.

Ma, se partiamo da un discorso giuridico, la residenza effettiva non esiste, nel senso che o si ha una residenza oppure non la si ha. Dicevamo che il diritto alla residenza è costituzionalmente garantito nella misura in cui viene garantito anche ai soggetti senza fissa dimora che però dimostrano di risiedere abitualmente nel territorio, in questo caso nel territorio del Comune di Roma, per cui hanno diritto ad una residenza e quindi ad un certificato di residenza come per le altre persone. Un certificato di residenza che indica che si trovano all’interno del territorio in maniera stabile e continuativa, seppure non in un immobile ben definito.

Pertanto, a mio avviso risulta del tutto erronea e non classificabile una differenza fra residenza effettiva e fittizia o virtuale, anche se questa distinzione è ormai entrata nel linguaggio giuridico o tecnico perché da una parte è stata coniata dalla Questura di Roma e, dall’altra parte, è stata utilizzata da un punto di vista tecnico semplicemente per capire se la residenza è in una Via che non c’è, appunto come Via Modesta Valenti, o se invece è in una Via che c’è.

Per la maggior parte dei ricorsi che sono stati esperiti ormai da diversi anni, il Tribunale di Roma è propenso a dare una lettura positiva della residenza in Via Modesta Valenti. Quindi, non ritiene che vi sia una causa ostativa al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno a tutti quei soggetti che dichiarano di essere senza fissa dimora, ma comunque di soggiornare all’interno territorio di Roma.

Questo, da un lato, ha portato ad una prima ondata di provvedimenti di revoca da parte della Questura di Roma. Che cosa succedeva? Dopo i primi ricorsi vinti, e al susseguirsi di altri ricorsi, la Questura, in autotutela, andava a rilasciare il permesso di soggiorno nei confronti dei richiedenti di rinnovi per protezione umanitaria. Quindi, una volta che il tribunale si era indirizzato a dar torto alla Questura di Roma, solo per quei ricorsi che venivano inoltrati successivamente a questi, la Questura rispondeva dicendo va bene ci siamo sbagliati.

Questo accadeva 5-6 anni fa all’incirca, mentre nel corso degli ultimi anni si è tornati nuovamente a parlare di questo tipo di problematica perché una serie di rinnovi di permessi di soggiorno, anche per lavoro subordinato, oltre alle protezioni speciali, sono stati rifiutati con i medesimi motivi. Tendenzialmente, questo tipo di condotta da parte della Questura ha due effetti.

Il primo è quello di voler proporre un’istanza da parte della Questura stessa che è di ordine pubblico, nel senso che la Questura, nel momento in cui pone un rifiuto ad un permesso di soggiorno laddove sia indicata la residenza di Via Modesta Valenti, sostiene che non sa dove effettivamente la persona si possa venire a trovare in termini di dimora abituale. Sostiene che si trova in qualche modo scoperta laddove dovesse succedere qualcosa, perché non esistendo Via Modesta Valenti, non sa dove andarla a rintracciare.

Non entro nel merito della bontà o meno di questo tipo di ragionamento, perché non è questa la sede, entro semmai in un discorso giuridico per cui comunque non è richiesto questo requisito. Quindi, il problema di ordine pubblico va risolto secondo altri parametri, sempre che la persona abbia eventualmente dato adito di poter essere un problema per l’ordine pubblico, perché per la maggior parte dei casi invece tutto questo non esiste assolutamente. Per cui, il voler negare una residenza rilasciata da un Comune come requisito valido per il rinnovo del permesso di soggiorno ritengo sia una condotta assolutamente censurabile.

Il secondo effetto è che provoca un indotto che comporta danni ancora peggiori. Perché cosa succede? Tra le tante persone che non riescono ad ottenere con questa strada il permesso di soggiorno, alcuni si recano presso degli sportelli legali e quindi vengono tutelati e seguiti da avvocati immigrazionisti che conoscono la materia e sanno come rispondere. In tanti altri casi, invece, scelgono purtroppo una soluzione illegale, ossia si rivolgono ad organizzazioni criminali per ottenere delle residenze finte. In questo caso, poi, tantissime volte vengono rintracciati perché sono dei falsi spesso grossolani, fatti dalle organizzazioni criminali soltanto per poter richiedere dei soldi a delle persone che si sentono di essere in un vicolo cieco e non sanno come rispondere a questa situazione. A quel punto mettono seriamente a rischio il loro rinnovo di permesso di soggiorno, perché avendo un procedimento penale che pende sulle loro teste, possono essere diniegati per motivi che sono più reali e che potrebbero effettivamente pregiudicare il rinnovo del permesso di soggiorno.

In questa maniera la Questura finisce per favorire questo tipo di commercio sotterraneo di false residenze. Ovviamente, questa è una forzatura da parte mia, però è indubbio che ci sia un eccessivo polso sul rifiuto di questi permessi di soggiorno, nonostante che nessuna norma di diritto preveda di distinguere tra residenza reale e residenza fittizia e, in secondo luogo, preveda che solo una residenza reale dia diritto al rinnovo o al rilascio del permesso di soggiorno.

Quest’ultimo è un altro tema su cui si dovrebbe ragionare per comprendere quanto sia illegittima la condotta della Questura, a prescindere dalle conseguenze che ho raccontato e che non sono sicuramente da perdonare, ma da valutare, perché le persone che sono al primo rinnovo dei permessi di soggiorno non sono totalmente integrate, spesso non comprendono pienamente il tessuto sociale in cui si trovano e vengono messe alle strette da parte della Questura di Roma. In molti casi purtroppo si crea una situazione che si presta a far arricchire le organizzazioni criminali che ci sono e che non vedono l’ora di poter vendere residenze che non esistono in cambio di soldi da parte di queste persone.

Sul tema di oggi c’è anche un filone di giurisprudenza che invece comincia a dar ragione alla Questura. Quindi, è un tema ancora abbastanza aperto. E’ più il TAR che il Tribunale di Roma. Sicuramente, ci saranno ancora degli sviluppi interessanti perché la partita è ancora aperta.

 

AS: Grazie Marco. Mi sembra un tema importante perché da una parte c’è un diritto costituzionale – quello di avere una residenza – e dall’altra ci sono queste interpretazioni restrittive della Questura che non rendono effettivo questo diritto di avere una residenza, che sia effettiva o virtuale. Queste interpretazioni restrittive hanno delle conseguenze sulle vite delle persone, perché come in tutte le materie in cui ci troviamo a parlare di immigrazione, quello che spesso si dimentica è che c’è una parte di diritto, ma c’è anche una parte che riguarda la vita concreta di

persone reali, le quali alla fine, come dicevi tu, per disperazione spesso sono costrette, pur di continuare a vivere una vita in questo paese, a inventarsi soluzioni che non sono legali e che danno adito ad organizzazioni criminali di fare degli affari. Per questi motivi è un tema su cui è importante riflettere e continuare a cercare battersi affinché la Questura adotti delle soluzioni che siano in linea rispetto a quanto prevede la nostra costituzione.

 

 

Residenza virtuale di Via Modesta Valenti e permessi di soggiorno degli stranieri

La casa dei diritti è anche casa tua

sostienici Diventa Volontario!